Maratona di Pisa: sotto le tre ore e venti correndo leggero

Andrea Civardi, Fisioterapista e Osteopata

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Partire per una Maratona senza ambizioni particolari e senza stress. Ritrovarsi, alla fine, col proprio personal best migliorato di quasi 11 minuti, dopo una gara corsa tutta col sorriso disegnato sulle labbra. È una sensazione strana. Leggera, direi.
Per descrivere la mia Maratona di Pisa 2013 – la quinta della mia modesta carriera di runner amatoriale – inizio dai numeri perché son quelli che forse possono aiutarmi a capire. 3h17’45” di real time. Passaggio alla mezza in 1h38’09” – media di 4’39” al km – e seconda frazione in 1h39’37 a 4’43” al km. Di qualche secondo meglio del tempo fatto ad aprile, alla Maratona di Milano. Solo che là eravamo in quattro ed ho corso giusto la mia frazione da dieci chilometri e mezzo. M’avessero detto che qualche mese dopo avrei corso una Maratona vera in quel tempo, mai ci avrei creduto. E invece…
Numeri, appunto. Che dicono poco di come si stia – dentro – a passare sul tappeto mentre il display sulla tua destra te li spara in faccia. Dicendoti che sì, è tutto vero. Ci sei tu in quelle scarpe che stanno correndo per gli ultimi metri.Non ero pronto, dicevo. E, nei fatti, era vero. Dopo la Maratona di Verona, a ottobre, ho tirato una riga e ho continuato a correre solo per piacere. In oltre due mesi ho fatto appena quattro allenamenti di qualità e due lunghetti, uno da 25 e l’altro da 30 km. Il resto sempre e solo corsa a sensazione. Ad una settimana dalla gara non avrei nemmeno voluto iscrivermi, ci ha pensato qualcuno che, evidentemente, per quanto riguarda la corsa, mi conosce anche meglio di me.
E invece, quando è stato tempo di correre, semplicemente ho corso. E basta. Ho corso come mi veniva per il semplice piacere di farlo. Son partito più forte del previsto perché mi andava di farlo. Ho continuato a correre più forte di quanto avrei pensato, perché mi piaceva farlo. Ho tenuto giù perché mi veniva di farlo. Se dicessi che ho sofferto e lottato, direi una bugia. Grossa. Me la sono goduta e basta. Leggero, appunto. Senza nulla – per la testa – che avesse a che fare con ‘sta Maratona. Con un sorriso, dentro, che continua a tenermi compagnia. Leggero.
I primi chilometri con Simona e Michela, la parte centrale con Simona, gli ultimi dieci da solo. Sono stati i più duri, ovvio. Ma sempre leggero. Ai meno dieci ho iniziato a far di conto per capire quanto ci avrei messo. Ho realizzato che se anche mi fossi messo a girare a 5′ al chilometro, avrei comunque chiuso sotto le tre ore e venti. Non è successo: dai 5’ al 1000 sono sempre stato sufficientemente lontano. Ho alzato un poco il ritmo, ma nemmeno tanto.
Qualcuno mi dice che, se m’impegnassi sul serio, potrei abbattere il muro delle tre ore. Non è il momento di farlo, però. Voglio continuare a stare con la corsa e con Donna Maratona soltanto perché mi piace. Non perché devo, ma perché voglio. Rimanendo sempre leggero.