Tokyo Marathon 2019 e finalmente …. Six stars Medal. Grazie Coach!!!

Lorenza Marchesi, Avvocato e Mediatore

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Deve esserci un pizzico di consapevole follia, se una persona apparentemente sana di mente decide di sacrificare tempo, energie fisiche e mentali per affrontare un impegno durissimo come la maratona.

Ero certo che non ne avrei più corsa nessuna dopo la Maratona di Nizza del 2013: avevo appena compiuto 50 anni, l’avevo conclusa sotto le 3 ore e mezza ed ero sicuro che era arrivato il momento di impegnarmi su distanze più brevi e adeguate alla mia età.

Però il tarlo della sfida sui 42 km era sempre lì in agguato e a farlo diventare sempre più insistente è stato Andrea Re, il mio coach dal 2011, che da allora ha deciso (ma chi gliel’avrà mai fatto fare?!?) di caricarsi sulle spalle l’onere di allenarmi e l’ha sempre fatto con grande competenza, attenzione e soprattutto tanta pazienza e amicizia, soprattutto perchè non sono sicuramente il prototipo dell’atleta, ma solo un dilettante con la passione della corsa e una grande determinazione.

Ho iniziato a correre per rimettermi da un infortunio al ginocchio quando avevo già quasi 40 anni e da lì non ho più smesso, perché allenarmi è diventata parte integrante della mia vita e la fatica fisica mi aiuta a superare lo stress lavorativo.

Così, senza particolari difficoltà, ho iniziato ad allungare le distanze percorse fino ad arrivare a correre la mia prima maratona a Firenze nel 2005 all’età di 42.

Non credo sia semplice per un Atleta vero, come è Andrea, programmare gli allenamenti per un dilettante volenteroso, per di più un po’ “stagionato”, conciliandoli con tutte le difficoltà ed esigenze, soprattutto lavorative e familiari.

Nel mio caso Andrea ha saputo interpretarle benissimo, dandomi fiducia e supporto, preparando delle tabelle perfette per le mie capacità podistiche.

Quasi per caso una sera gli ho detto che sarebbe stata una bella sfida provare a portare a casa la medaglia delle 6 Majors, perché mi mancava solo la maratona di Tokyo per raggiungerla, avendo già completato le maratone di New York, Berlino, Boston, Chicago e Londra fra il 2006 e il 2012.

Naturalmente il Coach si è dichiarato entusiasta dell’idea, ma io non ero convinto fino in fondo delle mie capacità di affrontare un impegno così pesante. Per stimolarmi ulteriormente, ha pensato di nominarmi “atleta del mese” nel maggio 2018, facendo leva sul mio orgoglio personale.

Da giugno 2018 è partita questa sfida che abbiamo affrontato insieme e questo per me è stato fondamentale, perché avevo bisogno del suo supporto tecnico e anche psicologico per affrontare i lunghi mesi di allenamento, soprattutto quelli invernali, che soffro sempre tantissimo.

La maratona di Tokyo è stata una bella sfida innanzitutto per me stesso, che non ero convinto fino in fondo di avere le risorse fisiche e soprattutto mentali per affrontare questo impegno. Invece settimana dopo settimana ho visto che i carichi di allenamento programmati riuscivo ad affrontarli abbastanza bene, conciliandoli discretamente con i miei impegni professionali e familiari.

Finalmente il primo marzo siamo partiti tutti e quattro.

E già, perché le Majors io le corro da solo, ma la mia famiglia mi ha sempre seguito, fino dal 2006, quando Giulio, il mio secondo figlio, aveva solo 4 anni, e New York se la girava comodamente seduto sul passeggino, mentre Luca, il primogenito, camminava tranquillamente insieme a noi per la metropoli, aiutandoci nella gestione del fratellino più piccolo. D’altronde queste maratone sono state sempre vissute in famiglia come un’occasione per stare insieme e fare un bel viaggio, facendo un po’ di tifo per il “vecchio che non molla mai”, come dicono i ragazzi.

Soprattutto sono un modo per fare un viaggio insieme a mia moglie Marina e condividere queste gare con lei, che mi sopporta da anni quando mi alleno e non ha mai ostacolato questa mia passione, che mi porta spesso a essere poco presente durante i fine settimana, sia per gli allenamenti sia per l’inevitabile stanchezza post allenamento con … conseguente letargo sul divano di casa.

Finalmente la mattina di domenica 3 marzo sono sulla linea di partenza: sveglia alle 5 del mattino per riuscire a fare colazione e poi arrivare in perfetto orario sulla griglia di partenza, infatti sulla puntualità i giapponesi sono ancora più precisi degli svizzeri e non si può tardare neppure di un secondo.

Dopo un sabato soleggiato e mite, la domenica mi regala freddo, pioggia e raffiche di vento, condizioni climatiche che detesto e che rendono la maratona ancora più dura, ma ormai sono in ballo e non sarà certo il cattivo tempo a fermarmi.

Al via sono già tutto bagnato e infreddolito, ma l’adrenalina stempera un po’ il disagio: certo che, con il passare dei kilometri, le mani e i piedi danno parecchio fastidio e in più di un’occasione devo controllare se indosso ancora i pantaloni perchè mi sembra di essere letteralmente nudo, tanto sono bagnato e gelato. Diventa un problema anche gestire i rifornimenti, dato che l’acqua e i sali minerali che ci offrono sono altrettanto freddi e ho una gran paura di avere problemi fisici: bevo quindi il minimo indispensabile e spero di arrivare in fondo.

 

 

I kilometri passano uno dopo l’altro e l’andatura, soprattutto dopo il 30° Km, rallenta inevitabilmente, ma non mollo e continuo a correre, sapendo che se mi fermassi e iniziassi a camminare, riprendere diventerebbe davvero quasi impossibile.

Ogni tanto qualche corridore mi affianca e mi incita, vedendo sulla mia schiena il pettorale che indica che sto correndo per raggiungere la sesta stella delle Majors e questo è un ulteriore stimolo a proseguire e raggiungere il mio obiettivo.

Sinceramente il percorso della gara non mi ha entusiasmato dal punto di vista panoramico: altre maratone offrono sicuramente un tracciato molto più variegato ed emozionante, ma sono qui con un obiettivo ben preciso e quindi, complici anche le condizioni atmosferiche, mi concentro sull’aspetto agonistico e non mi lascio distrarre troppo dall’ambiente.

Gli ultimi kilometri sono davvero duri soprattutto per il freddo e la fatica accumulata, per di più il traguardo è posto circa 100 metri dopo una curva a 90° e praticamente non si vede che negli ultimi metri: che differenza con lo spettacolare arrivo 200 metri dopo la porta di Brandeburgo a Berlino o quello di Londra o delle altre Majors!!!

Ma non interessa dove sia posizionato il traguardo, l’importante è averlo raggiunto e lo taglio a braccia alzate, urlando tutta la mia gioia: quasi mi commuovo, quando mi mettono al collo la medaglia della maratona.

Il tempo finale di 3 ore 53’ è il tempo più lento fra le maratone cui ho partecipato, ma non importa: non sono venuto a Tokyo per stabilire un primato personale, ma per dimostrare a me stesso che con l’allenamento giusto e costante e la perseveranza avrei potuto portare a termine ancora un’altra maratona.

L’emozione più grande e che mi rimarrà sempre nel cuore la provo quando mi accolgono nello stand dove mi consegnano la Six Stars Medal. E’ il coronamento di tanti anni di allenamenti, di corse, di sofferenze fisiche e mentali, ma in questo momento tutto si cancella e scompare quando ho finalmente al collo questa medaglia enorme e pesantissima.

Alla fine di questa giornata interminabile andiamo alla festa organizzata per festeggiare chi ha terminato le 6 Majors: il buffet è fantastico e davvero ricchissimo e i miei figli riescono a dare del loro meglio, assaggiando ogni ben di Dio e apprezzandolo anche parecchio.

Io invece assaggio un po’ di tutto con moderazione, attendendo con emozione la premiazione sul palco degli atleti che hanno conquistato la medaglia delle 6 Majors.

A premiarci hanno chiamato Deena Kastor, atleta statunitense, medaglia di bronzo della maratona olimpica di Atene e detentrice di numerosi record, che mi stringe la mano dicendosi onorata di premiarmi. Tutti gli atleti prima di me le stringono la mano, ma io penso che un’occasione simile vada assolutamente celebrata in modo adeguato e quindi la abbraccio e la bacio sulle guance. Quando mai avrò un’occasione come questa per festeggiare un traguardo così prestigioso?

Ringrazio, quindi, davvero di cuore il mio coach Andrea per avermi stimolato a raggiungere questo traguardo prestigioso, permettendomi di coronare un sogno che non avrei mai immaginato di realizzare quando ho iniziato a correre solo per cercare di riprendermi da un infortunio.

 

Marzo 2019

 

Dino Dori (Six Stars Doc)