Allenamento in quota: perché?

Lorenza Marchesi, Avvocato e Mediatore

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Paolo Caselli, Psicologo e Mental Coach

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Allenarsi in quota fa bene?

Esiste una quota ideale per allenarsi?

A quali discipline fa bene?

Sta diventando sempre più diffusa la pratica [ anche tra gli atleti amatori ] di allenarsi in quota.

Esistono concreti benefici da mettere in relazione a questa abitudine di allenamento?

Ecco una breve sintesi sull’argomento.

A cavallo tra gli anni 70 e 80 atleti praticanti diverse discipline hanno incominciato a fare le prime significative esperienze di allenamenti in altura a quote medie 1800-2200 m.s.l.m.


Alcuni atleti resi celebri dai loro risultati agonistici, hanno contribuito a diffondere la pratica dell’allenamento in quota e non è più un caso che anche atleti appartenenti alle categorie amatori,organizzino le proprie vacanze estive per finalizzare la propria preparazione, in località situate appunto a quote considerate medie, ossia i già citati 1.800-2.200 m.s.l.m.



Ma perché allenarsi in quota e quali sono le discipline che se ne avvantaggiano?


Una delle risposte che può sembrare assolutamente banale, ma direi comunque non trascurabile, può essere identificata nel clima: durante il periodo estivo, quando nelle zone di pianura caldo e afa compromettono sensibilmente le prestazioni, in montagna, notoriamente si sta al fresco e allenarsi è senza dubbio più piacevole.


Ma ovviamente questa spiegazione nulla ha a che vedere con i fondamenti scientifici relativi all’allenamento in quota.

Cosa succede quindi al nostro organismo e quali sono appunto gli adattamenti che si verificano quando soggiorniamo e ci alleniamo a quote medie?
La condizione che genera una situazione sfavorevole allo svolgimento delle discipline di resistenza, è la diminuzione della pressione barometrica; quest’ultima infatti  al livello del mare è di 760 mmHg, mentre sul tetto del Mondo si riduce fino a 250 mmHg.
Questa riduzione di pressione, qunado si allena in quota, mette il nostro organismo in difficoltà e provoca una serie di adattamenti che si concretizzano nello “stimolo ipossico”, ossia nella maggior difficoltà a far arrivare la giusta quantità di ossigeno ai muscoli e ai tessuti:

  • L’ossigeno arriva con maggiore difficoltà ai muscoli
  • Diminuisce la massima potenza aerobica
  • Si riduce la capacità vitale
  • Aumenta il numero di ventilazioni polmonari
  • Aumenta il costo energetico della respirazione
  • Aumenta la disidratazione

Come conseguenza dello stimolo ipossico legato alla diminuzione della pressione barometrica, si verifica un  aumento dei valori di emoglobina e conseguentemente della potenza aerobica, oltre che un  aumento della capillarizzazione dei muscoli (capillarità germogliante).

Una volta tornati al livello del mare aumenta la potenza aerobica
Ecco alcuni semplici ma significativi accorgimenti:

  • Affrontare il lavoro in quota con buoni livelli di condizione psicofisica
  • Acclimatazione in quota (iniziare con lavori blandi)
  • Prevenire la disidratazione
  • Possibile assunzione di  ferro e Vitamina C
  • Fare acclimatazione ( 2 – 3 giorni con lavori blandi ) al livello del mare successivamente al periodo di  allenamento in altura.